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“A un metro da te”: quando l’amore non conosce confini

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“A un metro da te” – locandina

Struggente, appassionato, emozionante: questo e molto di più si potrebbe dire di “A un metro da te”, il film nelle sale dal 21 marzo che tratta un tema difficile, quello della fibrosi cistica.

Non so nemmeno io quanto mi sia commossa in queste due ore così intense: si tratta una storia straordinaria, di quelle che non possono lasciare indifferenti, che colpiscono dritte dritte al cuore e che ci si porta dentro come fosse un dono prezioso da custodire gelosamente.

Un film da vedere anche in famiglia econ i più piccoli, non solo perché è una storia di sentimenti belli e positivi, ma anche perché di questa patologia non se ne sa ancora abbastanza.

All'uscita dal cinema con il libro tratto dal film omonimo "A un metro da te"
All’uscita dal cinema con il libro tratto dal film omonimo “A un metro da te”

Metti due adolescenti, una malattia genetica tra le più tremende e un ospedale: c’è proprio tutto quel che serve per affondare subito in una realtà che si fa fatica a conoscere e a digerire.
I due protagonisti, giovani star dal talento indiscutibile, Cole Sprouse (Will) e Haley Lu Richardson (Stella), si incontrano nel reparto per i malati di fibrosi cistica.

Basta qualche scaramuccia e la scintilla non stenta ad accendersi, ma purtroppo l’amore che sarebbe naturale vivere con entusiasmo e incoscienza, tipico di questa età, per loro è proibito: a causa della loro malattia, infatti, i due ragazzi non possono nemmeno toccarsi e sono costretti a mantenere la distanza minima di un metro l’uno dall’altro.

Stella e Will imparano a conoscersi, a mettersi a nudo, ciascuno con i propri problemi e le proprie fragilità. Imparano a vivere un amore dove la distanza fisica non deve allontanare i sentimenti, ma anzi rafforzarli; dove il dolore fa parte della vita, così come anche la morte, di una sorella o di un amico, che presenta un conto il cui prezzo da pagare è sempre troppo.

Perfino una festa di compleanno assume significati molto diversi: ogni anno potrebbe essere l’ultimo e anche spegnere le candeline, un gesto tanto innocuo quanto scontato, diventa un limite con cui confrontarsi.
Un bacio, un abbraccio, una stretta di mano: gesti semplici, ma impossibili per chi, come questi ragazzi, vive perennemente con le mascherine davanti alla bocca e i guanti di lattice.

Un amore romantico e drammatico, in cui la privazione del contatto fisico, indispensabile per chiunque, a maggior ragione per due adolescenti innamorati, è necessaria per seguire la cura sperimentale cui Will si sottopone.

Ma la forza straordinaria che i ragazzi hanno dentro di sé li spinge a trovare nuove modalità di vivere una relazione, imparando rapidamente che si può essere vicini anche senza sfiorarsi e tenendo tra loro una stecca da biliardo a garanzia della propria incolumità.

La voglia di trasgredire si scontra con una vita vissuta interamente con la prospettiva della morte, ma il finale può riservare delle sorprese.
Il desiderio di conoscere dal vero quello che solo attraverso un vetro si può vedere spinge Stella e Will a muovere qualche passo verso il magico “fuori”, tanto ignoto quanto affascinante e pericoloso: l’incoscienza potrebbe costare cara, se non fosse che l’amore è più forte di qualunque cosa e alla fine un bacio c’è: solo per necessità però, e diventa un gesto generoso che salva la vita.

Haley Lu Richardson e Cole Sprouse in “A un metro da te”

Il film è diretto da Justin Baldoni e arriva al cinema il 21 marzo, distribuito da Notorious Pictures. Questa storia toccante ci mette a conoscenza di una patologia, la fibrosi cistica, di cui ancora non si sa molto e per la quale non esiste ancora una cura risolutiva.

Il film e il romanzo “A un metro da te”, edito da Mondadori, hanno ricevuto proprio per questo motivo avuto il patrocinio della Lega Italiana Fibrosi Cistica onlus-LIFC, l’Associazione di pazienti che lavora per migliorare la qualità della vita e delle cure per le persone con fibrosi cistica.

Info: fibrosicistica.it

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